Cinquantesimo anniversario di sacerdozio di fra Angelico Pilla ofm
Della nostra Provincia Religiosa di Puglia e Molise
(Nota di Padre Stefano De Luca)
«Signore, ricordati che ho passato la vita dinanzi a te con fedeltà e cuore
sincero e ho compiuto ciò che era gradito ai tuoi occhi» (Is 38,3).
Le parole del profeta si prestano a sintetizzare l’itinerario sacerdotale di
padre Angelico, francescano semplice e buono che il 24 marzo u.s., nel
Santuario del Primato di Pietro a Tabgha dove è superiore, ha condiviso con
confratelli e amici la sua preghiera di ringraziamento. Cinquant’anni di
servizio, da quel 24 marzo del 1957, quando a Biccari (Foggia) fu
consacrato, quasi naturalmente, sacerdote nell’Ordine dei minori. In un
clima semplice ma intimo, alla eucaristia di gratitudine hanno preso parte
una quarantina di fedeli, tra religiosi amici e confratelli. Con la
schiettezza e la sincerità che tutti gli ammirano, nell’omelia p. Angelico
ha voluto ripercorrere le tappe più significative della sua storia. Non
senza un filo di commozione, ha detto tra l’altro: «Ringrazio il Signore che mi ha fatto arrivare fino a questa età a celebrare
il cinquantesimo anno di sacerdozio. Ringrazio la Vergine Santissima e San
Giuseppe che mi hanno sempre coperto con il loro manto, e il Padre San
Francesco che mi tiene ancora nel suo ordine, vestito del suo abito, e
ancora non mi ha dato un calcio dicendomi: “Poltrone, svegliati, fatti
Santo!”.
Debbo inoltre ringraziare il mio Angelo Custode che quella volta mi ha dato
un pugno nel petto, salvandomi da morte sicura. Ero ragazzino, avevo forse
otto anni allora, ed ero salito su una scala dell’edificio scolastico in
costruzione. All’improvviso l’ho avvertito, mentre stavo cadendo nel vuoto
da un’altezza di 30 metri. Ricordo che, tutto sudato, ridiscesi a ritroso e,
inginocchiatomi lo ringraziai. Non l’ho mai detto alla mamma nel timore di
prenderle.
In tutta semplicità anch’io posso ripetere le parole del Salmo: “sono stato
chiamato fin dal grembo di mia madre”. Per me, infatti, non è stato
difficile assecondare e rispondere alla vocazione per il sacerdozio, anche
perché in famiglia già c’era un sacerdote molto valente, che diventò poi
cardinale. Era il cardinale Parente, fratello della mia nonna materna.
Inoltre mia madre mi diceva sempre che suo fratello era un francescano e
stava per essere ordinato sacerdote. Io lo conobbi solo quando venne a
celebrare la prima messa al paese. Ero stato mandato nel seminario vescovile
dove ho frequentato la prima media. Poi, durante le vacanze estive sentii
mia madre dire a suo fratello sacerdote novello: “Che figura ci faccio
davanti al Vescovo, al parroco…”. E lo zio frate, molto pratico, le disse: “Lascia fare a me”. Quindi a bruciapelo mi domandò: “vuoi venire in collegio
con me? Vieni con me, perché io sono il direttore”. È così che mi ritrovo
francescano.
Ordinato sacerdote, chiesi di essere mandato missionario in Africa. Ma, dopo
5 anni d’attesa, al posto dell’Africa l’obbedienza mi portò in Corea, dove
sono rimasto per 14 anni.
Il primo impatto, forte, è stato con i lebbrosi. Dopo 15 giorni dal mio
arrivo, nella commemorazione del Sacro Cuore, mentre Padre Simone Araldi –
che ora si trova al monte Nebo –, stava costruendo il lebbrosario proprio
intitolato al Cuore di Gesù, a me toccò di celebrare la Messa, che allora si
diceva in latino. Nel frattempo gli altri tre sacerdoti che già avevano
imparato il coreano, confessavano all’aperto sotto gli alberi. Avevo pregato
che il Signore potesse guarire almeno alcuni di quei lebbrosi. Avevo quasi
finito di distribuire la Comunione, facendo molta attenzione a mettere la
Particola sulla lingua di questi volti sfigurati, mentre l’ultimo lebbroso
si avvicinava sorretto da due uomini poiché non era più in grado di
camminare. Pur non riuscendo a capire dove cominciasse e dove terminasse la
sua faccia, adagiai l’ostia sulla sua lingua, ma non feci in tempo a
togliere le dita dalla sua bocca, che già me le aveva morsicate. “Povero
me!”, pensai.
Non riuscii a terminare la Messa come si conviene, pensando: “fra poco
anch’io diventerò lebbroso!”. Non c’era acqua per lavarmi le mani e mi misi
a strofinare le dita per terra. Seppi solo dopo che la lebbra si può
contrarre in seguito a contatto con il sangue.
Sono stato sempre fortunato. Una volta, tornato in vacanza, il Padre
provinciale mi spinse a partecipare ad un pellegrinaggio in Terra Santa.
Ricordo che mi disse: “Hai il passaporto. Il viaggio è gratis: una persona
ha rinunziato perché non se la sente, vai!”. Rientrato da quel
pellegrinaggio, lo stesso Provinciale mi chiese se invece di ritornare in
Corea avessi preferito andare in Terra Santa. E così il 19 Marzo del 1978
sono entrato per un periodo di tre anni in Custodia e ora sono trenta anni
che sto al servizio della Terra Santa, sempre disponibile ad obbedire ed
andare dove ce n’era bisogno.
Una volta, durante i bombardamenti del Libano, mi salvai per miracolo,
perché ho obbedito! Non c’era nessuno in chiesa ma sentii una voce che mi
disse: “Togliti di lì!”. Per due volte mi spostai da quell’angolo dove,
credendolo il più sicuro, mi ero messo. Appena cambiai posto vidi un colpo
di cannone andare a finire rovinosamente esattamente lì. Non è finita.
Poiché ero curioso, volevo vedere da dove sparavano e mi affacciai alla
finestra, ed ecco che vidi passarmi tra i baffi un colpo di proiettile,
rosso, che andò ad infilarsi nella porta. “Padre Angelico beato te!”.
Tutte le volte che i superiori mi chiedevano “Tra questo convento e quello
dove preferireste andare?”. Io ho sempre lasciato a loro la decisione. Ora
mi trovo a Tabgha e ho anche cambiato nome: se qualcuno mi domanda come mi
chiamo, rispondo: “fra Felice Contento”. Per quanto tempo ancora sarò qui?
Ai superiori il compito di comandare a me il compito di ubbidire. Ringrazio
di nuovo il Signore e tutti i convenuti. Il Signore ci protegga e benedica
amen!»
Il Custode di Terra Santa, P. Pierbattista Pizzaballa, ha voluto ricordare
ai presenti i diversi incarichi che p. Angelico ha ricoperto a motivo della
sua squisita disponibilità negli altri luoghi dove questa lo ha condotto: in
Egitto, Roma-Casalotti, Palermo, Emmaus, Libano, ecc. Sempre con libertà e
freschezza di fede. Prendendo spunto, poi, dalla liturgia odierna, e
ricordando come il Signore faccia nuove tutte le cose e dichiari passate
quelle vecchie (cf. 2Cor 5,18), ha commentato il percorso vocazionale di p.
Angelico, come un continuo rigenerarsi alla freschezza dei valori evangelici
per mezzo della fede tenace e schietta e della vita semplice e sincera.
Tutti i convenuti, tra i quali alcuni funzionari dell’Ambasciata italiana,
religiosi e religiose della Galilea, hanno condiviso in letizia una cena
all’aperto, “messa a disposizione dalla Provvidenza”. I frati della
Provincia di origine di p. Angelico – nell’attesa di festeggiarlo
personalmente il 22 luglio p.v. a Castelnuovo della Daunia –, si sono resi
presenti con un fax del Ministro Provinciale di Puglia e Molise, letto
pubblicamente: «Carissimo p. Angelico, mentre numerosi siamo ad Ischitella
per il 50mo di Sacerdozio di p. Bernardino (ndr compagno di p. Pilla), a
nome dell’intera Fraternità Provinciale mi unisco al tuo inno di lode e di
gratitudine al Signore per il dono del ministero sacerdotale che hai
ricevuto 50 anni fa e, soprattutto, per la grazia della fedeltà e della
fecondità sacerdotale testimoniata in tutti questi anni con gioia e
dedizione, da vero frate minore. Mentre gioiamo e ringraziamo il Signore con
te, ti auguriamo ancora tanto entusiasmo nel continuare a servire la Chiesa
e l’umanità attraverso l’esercizio di questo grande ministero che rende
presente Cristo che illumina, redime e dà la forza della grazia e dell’amore
di Dio.
II Signora ti benedica e ti conformi al Suo sevizio! Amen.
(Fr Pietro Carfagna Ministro Provinciale)».